Parità di genere: l’Italia si muove, ma c’è ancora tanto da fare

 Parità di genere: l’Italia si muove, ma c’è ancora tanto da fare

Nonostante nuove politiche e azioni intraprese dalle aziende e dall’organo legislativo per evitare il più possibile qualsiasi forma di discriminazione e favorire maggiormente l’occupazione femminile, in Italia la parità di genere è una meta che sembra ancora lontana da raggiungere. I dati parlano chiaro: il tasso di occupazione femminile in Italia è tra i più bassi dei Paesi dell’UE, essendo di circa 14 punti percentuali al di sotto della media (il 55% a fronte del 69,3% nel resto dell’Eurozona), come rileva l’ultimo rapporto Eurostat su dati relativi al quarto trimestre 2022. Sono 9,5 milioni le quote rosa occupate nel nostro Paese rispetto ai 13 milioni di sesso maschile, con un gap salariale ancora importante: 5% per quanto riguarda la retribuzione oraria lorda e 43% per quanto riguarda il salario medio annuale. Numeri che restituiscono una fotografia poco confortante che riporta all’urgenza di agire per trasformare la situazione attuale, a partire proprio dalle aziende che possono avere un ruolo fondamentale per attuare questo importante cambiamento culturale.

È una situazione che Laura Basili e Ilaria Cecchini, co-founder di Women at Business, piattaforma di matching professionale al femminile, osservano tutti i giorni: “Crediamo fermamente che l’occupazione femminile rappresenti una risorsa preziosa per la crescita economica e sociale del nostro Paese, ma ancora oggi sono tante le donne che si scontrano con numerose barriere che ne limitano l’accesso al mercato del lavoro e la carriera professionale. È necessario promuovere un cambiamento all’interno delle aziende per valorizzare il talento e favorire l’empowerment femminile: questo un primo passo importante verso una società più equa e inclusiva, che va rafforzato con misure e azioni concrete, anche da parte del governo, per conciliare meglio vita privata e lavorativa e ridurre il divario salariale di genere. Il nostro impegno, che abbiamo trasmesso anche dal palco della prima edizione dello Stem Women Congress che si è appena conclusa a Milano con grande partecipazione, è quello di costruire un futuro dove le donne e gli uomini abbiano le stesse opportunità di realizzarsi e contribuire al benessere della collettività”.

Dal Governo sono diversi i provvedimenti pubblicati per migliorare lo stato attuale: la Certificazione per la Parità di Genere rappresenta uno strumento che nasce proprio per testimoniare l’impegno delle aziende nel garantire uguali opportunità di carriera, salario e condizioni di lavoro, favorendo un ambiente di lavoro più equo e inclusivo e creando un benchmark di riferimento per l’intero settore, che va a stimolare una competizione virtuosa. “La certificazione è costituita da un documento rilasciato da organismi accreditati, che attesta la presenza in azienda di un’organizzazione inclusiva e rispettosa della parità di genere – spiega Andrea Ercoli, partner e consulente del lavoro dello studio Nexus Avvocati e CommercialistiLa certificazione è rilasciata su richiesta volontaria da parte del datore di lavoro e consente di beneficiare di uno sgravio pari all’1% dei contributi INPS a proprio carico, nel limite massimo di 50.000,00 € annui. Oltre a questo, a partire dal 1° settembre 2024 è stato ampliato il perimetro dell’esonero riconosciuto per l’assunzione di donne svantaggiate, portato al 100% della contribuzione a carico del datore di lavoro”.

Tra le disposizioni più recenti, il c.d. decreto Coesione (del 7/05/2024) contiene un punto riguardante l’occupazione femminile, introducendo un bonus per i datori di lavoro che nel periodo compreso tra il 1° settembre 2024 e il 31 dicembre 2025 assumano a tempo indeterminato donne di qualsiasi età prive di un impegno regolarmente retribuito. “La misura si applica per un periodo massimo di 24 mesi e prevede l’esonero del 100% dal versamento dei contributi previdenziali, nel limite massimo di 650 euro al mese, con esclusione dei premi e contributi INAIL, per ciascuna assunzione – illustra Andrea Morone, partner e co-head of employment di DWF ItalyAi fini dell’erogazione è necessario che si verifichi un incremento occupazionale netto (calcolato sulla base della differenza tra il numero dei lavoratori occupati in ciascun mese e quelli mediamente occupati nei 12 mesi precedenti). Per quanto riguarda, invece, i possibili effetti del provvedimento, l’introduzione dell’incentivo potrebbe potenzialmente essere rilevante sotto un duplice profilo: da un lato, dovrebbe favorire una partecipazione più inclusiva e duratura delle donne svantaggiate al mercato del lavoro e dall’altro lato permettere alle aziende di programmare piani strategici di assunzione che consentano – approfittando di tale opportunità – di ottimizzare di molto i costi del lavoro”.

È con queste premesse e considerazioni che si auspica che la situazione di gender gap all’interno del mondo occupazionale possa finalmente arrivare a una soluzione. Con un’adozione diffusa e consapevole di tali pratiche si spera possano vedersi progressi significativi e duraturi nella riduzione del divario di genere, rendendo il mondo del lavoro un luogo di opportunità reali per tutti.

Immagine di freepik

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